Nel caso dell’ovodonazione, vengono donati alla coppia gli ovociti di un’altra donna. Proprio per questo, per la donna che riceve gli ovuli, si tratta di una procedura piuttosto impegnativa a livello psicologico. Sin da quando si inizia a capire come funzionano la riproduzione umana e la gravidanza, si immagina di avere un figlio con i propri gameti e con la metà del proprio patrimonio genetico. Il 50% della mamma e il 50% del papà. Nella realtà, però, le cose possono andare anche diversamente.
Sin da adolescenti si viene “messi in guardia” circa le gravidanze indesiderate e la contraccezione, ma non viene fatto un discorso relativo ai problemi di fertilità. A quando si desidera tanto e si cerca tanto una gravidanza, ma questa tarda ad arrivare. Quindi, si deve accettare questo nuovo modo di diventare genitore prima di poter accogliere un figlio. Gli esperti in materia lo considerano quasi un “lutto” da elaborare, perché bisogna riuscire a gestire il fatto di non poter avere un figlio biologico con la propria genetica. Superato questo processo, si sarà in grado di accettare l’ovocita donato.
Sentimenti negativi nei confronti dell’ovodonazione
La tecnica dell’ovodonazione è arrivata in Italia con un certo ritardo, perché è stata permessa solamente nel 2014 da una sentenza della Corte Costituzionale. Prima, la legge numero 40 del 2004 la vietava espressamente. Per questo motivo, sono tante donne che non la conoscono a pieno e che hanno reazioni contrastanti quando sentono parlare di questa procedura medica. Ci sono donne che inizialmente fanno fatica ad accettare di portare avanti la gravidanza e partorire un figlio che, a livello biologico e genetico, non avesse nulla di loro.
E, per di più, avesse il corredo genetico di un’altra donna, una donna sconosciuta e che continuava a vivere la sua vita per conto suo. Quella donna aveva contribuito a far nascere questa nuova vita, la ricevente invece no, era lei l’estranea. Questi tutti i pensieri che arrivano a formarsi nella mente di chi prende in considerazione questa tecnica. Alcune donne arrivano anche a chiedersi quali possano essere i motivi che hanno spinto quella donna a donare i propri ovuli, che carattere potesse avere, se ci fossero delle somiglianze con lei. Pertanto, iniziano a nascere delle reticenze e delle insicurezze nei confronti di questo nuovo modo di vivere la maternità.
Ci sono infatti future madri che temono di non riuscire ad accettare questo figlio e di non riuscire a volergli abbastanza bene come magari avrebbero fatto con un figlio nato dai propri ovuli e con il proprio corredo cromosomico. Grazie all’aiuto di esperti e a tutto un lavoro da fare su sé stesse, tutte queste ansie e questi timori possono essere superati e si può accogliere con gioia questo nuovo modo di vivere la maternità.
Come si gestisce il rifiuto dell’ovodonazione
In seguito a un processo interiore fatto su di sé, è possibile formulare dei pensieri per superare il rifiuto di un figlio nato da ovodonazione. Il primo pensiero è quello di non vedere la donatrice come una “nemica”, ma, anzi, come una persona altruista che ha deciso di donare i propri ovuli per permettere ad altre donne di realizzare il loro desiderio: diventare madre.
Di conseguenza, bisogna riconoscere a questa persona di aver reso possibile il grande miracolo della nascita di una nuova vita. L’atto di donare gli ovociti è davvero volontario e altruistico, quindi bisogna vederlo per quello che è: un atto di vera generosità in cui una sconosciuta dona la propria cellula ad un’altra donna che non conosce. Superato tutto il processo di accettazione dell’ovocita e quindi della singola cellula, è fondamentale comprendere che un bambino non è la singola cellula che è stata fecondata, ma che è molto di più.
A legarci ai nostri figli sono i legami affettivi e tutto il progetto d’amore che è stato perseguito per farli nascere. E non il vincolo genetico. Un figlio merita amore incondizionato e questo amore è possibile solo proprio nei suoi confronti, mentre gli tutti gli altri legami sono diversi. La genetica è solo una parte del processo di nascita di un individuo, ma, durante la gravidanza stessa, la donna riesce in qualche modo ad “influenzare” e “plasmare” il bambino che sta per nascere.
Se si lascia crescere dentro di sé l’amore e si mette da parte la paura, il legame inizia a formarsi già dall’inizio della gestione e non ci saranno differenza tra figli biologici e figli nati da un ovulo donato. Anche se spesso la vita non va come vorremmo o come abbiamo programmato, un figlio può nascere in base a come viene deciso dal destino e questa decisione va assecondata e permessa.
L’ovodonazione non è una privazione, anzi, è solamente un nuovo modo di vivere la maternità e di mettere in atto il proprio progetto d’amore che porta ad accogliere una nuova vita e ad allargare la famiglia. In più, dal personale medico viene garantita la massima compatibilità tra l’ovulo donato e la coppia che lo riceve, anche in relazione all’etnica, alla carnagione, al colore degli occhi e dei capelli.
Sottoporsi all’ovodonazione: quale clinica scegliere, percentuali di successo
Quando si riescono a superare i dubbi nei confronti dell’ovodonazione, si è finalmente pronti a sottoporsi a questa tecnica. Nell’ovodonazione l’ovocita donato viene fecondato dallo spermatozoo del proprio partner e anche questo potrebbe essere un modo per accettare questa tecnica. Il bambino, o la bambina, avrà metà del corredo genetico del proprio compagno di vita.
Nonostante in Italia questa tecnica sia completamente legale e venga effettuata in numero sempre crescente negli anni, ci sono dei problemi nel procurarsi gli ovociti. La causa principale è la difficoltà a trovare ovociti, che, in più del 90% dei casi, vengono direttamente importati da banche estere. Pertanto sono tante le coppie di Italiani che si recano all’estero per diventare genitori.
A livello europeo, il primo paese ad occuparsi di procreazione medicalmente assistita e di ovodonazione è la Spagna, che è terza a livello mondiale. In Italia l’ovodonazione (e le tecniche di fecondazione eterologa in generale) è consentita solamente alle coppie sposate oppure conviventi ed eterosessuali. Mentre in Spagna, anche le donne single e le coppie di due donne possono avere un figlio mediante queste tecniche di PMA.
Una delle cliniche più all’avanguardia del paese è sicuramente Fertilab di Barcellona, che utilizza tecnologie di ultima generazione. Questa clinica ha percentuali di successo (già dal primo ciclo) che superano l’80%, mentre la media del paese è di circa il 60%. La percentuale è calcolata su un dato preciso, e anche il più importante per una coppia, che è il parto con bambino a casa. Questo è un dato che risulta più interessante e vantaggioso per chi desidera un figlio, rispetto alla sola positività delle beta HCG e all’ecografia.
Come funziona l’ovodonazione: ci sono rischi?
Dal momento che si tratta di una procedura medica, l’ovodonazione può spaventare alcune donne, che temono possano esserci rischi o controindicazioni. La fecondazione con ovodonazione non è rischiosa, anzi, è una procedura molto sicura e che non presenta effetti collaterali. Se dovesse verificarsi qualche problema, non sarebbe da imputare alla tecnica in sé, ma ad altri fattori (come l’età della donna).
Si tratta invece di un atto di profondo amore e di generosità che una donna fa nei confronti di un’altra donna. La fecondazione in vitro con donazione di ovociti si compone di due fasi. La prima è quella di prelievo degli ovuli dalla donatrice e la seconda è la fecondazione con impianto nell’endometrio della ricevente. Alla donatrice, selezionata con cura e in ottimo stato di salute, vengono somministrati degli ormoni (gli stessi che si hanno nel normale ciclo mestruale) che le consentono di far maturare più ovociti.
Questi ovociti vengono poi prelevati inserendo un ago in vagina (previa anestesia locale) sotto guida ecografica. Una volta prelevati gli ovociti, vengono portati in laboratorio e fecondati con gli spermatozoi migliori del partner maschili. Dopo circa 2 o 3 giorni, in media, l’embrione più adatto viene impiantato nell’utero della ricevente. Anche l’endometrio della futura mamma va preparato adeguatamente all’impianto.
Fatta questa procedura, dopo due settimane è possibile procedere con il test delle urine e dopo altri quindici giorni è possibile sottoporsi alla prima ecografia per verificare che effettivamente si sia instaurata una gravidanza e sia presente battito cardiaco.