In Italia, questa procedura era stata vietata dalla legge 40 del 2004. Questo divieto è stato poi abolito nel 2014 da una sentenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto “illegittimo il divieto di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo”.
Questo nel caso di coppie che abbiano dei problemi di fertilità, o genetici, irreversibili. Proprio grazie a questa sentenza, tutte le tecniche di PMA eterologhe sono approdate nel nostro paese. Tra di esse c’è anche l’ovodonazione, o donazione di ovociti, nella quale una donatrice dà i propri gameti (gli ovociti, appunto) a una donna che desidera diventare madre, ma che ha difficoltà nel concepimento.
L’ovocita della donatrice viene fecondato dal seme del partner maschile della coppia e l’embrione ottenuto viene impiantato nell’utero (preparato opportunamente in precedenza) della partner femminile della coppia. Secondo le statistiche, l’ovodonazione è la tecnica di fecondazione eterologa più utilizzata in Italia, che occupa ben il 78% delle procedure eseguite. Nell’altro 20% vengono donati gli spermatozoi e nel 2% circa vengono donati entrambi i gameti.
Perché ricorrere all’ovodonazione: le motivazioni possibili
Se una donna non riesce ad avere una gravidanza con i suoi ovociti, può ricorrere all’ovodonazione. Tra i motivi per cui ricorrere all’ovodonazione ci sono proprio l’età della paziente (che generalmente è over 40), l’assenza di mestruazioni (dovuta a procedure chirurgiche o a menopausa) e la menopausa precoce.
La differenza principale, nella riproduzione, tra una donna e un uomo è che gli ovociti sono presenti nelle ovaie della donna fin dalla nascita. Tuttavia, nel corso del tempo, il loro numero diminuisce. Questa diminuzione aumenta repentinamente superati i 35 anni, anche in donne completamente sane e senza patologie particolari.
Di conseguenza, superata questa età, la fertilità cala e si hanno sempre più difficoltà ad avere una gravidanza. Pertanto, viene consigliato il ricorso all’ovodonazione. Un altro motivo che può spingere una coppia a ricorrere all’ovodonazione è quello in cui gli ovociti della donna siano di scarsa qualità o siano presente delle patologie genetiche o cromosomiche che potrebbero essere trasmesse al nascituro.
Se poi non è possibile prelevare gli ovociti a causa di interventi chirurgici passati o per determinate patologie, viene consigliata l’ovodonazione. Questa procedura di PMA è consigliata anche in caso di fallimenti ripetuti di altre tecniche di fecondazione in vitro autologhe.
Quali requisiti deve avere una donatrice di ovociti
Dal momento che con l’ovodonazione si fa ricorso agli ovociti di una donatrice, è opportuno che la donatrice sia selezionata accuratamente. Ciò è fondamentale per ottenere ovuli di altissima qualità che siano in grado di ottenere una gravidanza già dal primo tentativo.
Pertanto, è importante che si rispettino determinati requisiti della donatrice. Come abbiamo già visto, l’età della donna incide molto sulla sua fertilità, che cala superati i 35 anni. Pertanto, l’età della donatrice deve essere compresa tra i 18 e i 35 anni (il picco massimo della fertilità si ha tra i 20 e 25 anni). Il suo stato di salute fisica e di salute psicologia deve essere ottimo e non deve presentare una storia clinica personale e familiare di malattie genetiche oppure ereditarie.
Non devono poi risultare, dai test, malattie sessualmente trasmissibili. La maggior parte delle donatrici, circa il 60% del totale, sono donne molto giovani (di età compresa tra i 18 e i 25 anni), che solo solidali con le donne che desiderano tanto ottenere una gravidanza e diventare madri.
Ci sono poi donne che vanno dai 26 ai 31 anni, molto spesso già madri, anch’esse mosse dalla voglia di esaudire il desiderio di altre donne. Comunque, alla base della scelta di diventare donatrice, e di utilizzare gli ovociti di una donatrice, c’è il completo anonimato. La scelta degli ovociti e della donatrice viene fatta solamente in base alla compatibilità con la ricevente.
Ovodonazione: a chi rivolgersi, percentuali di successo
Dato che l’ovodonazione in Italia è arrivata un po’ in ritardo rispetto ad altri paesi, a causa del divieto imposto dalla legge n°40 del 2004, sotto questo punto di vista, il nostro paese è un po’ arretrato.Quasi il 95% degli ovociti utilizzati, infatti, viene importato dall’estero e sono poche le donne italiane che decidono di donare i propri ovuli.
Ciò è dovuto proprio a una scarsa conoscenza e a una scarsa “promozione” di questa metodica e quindi molte donne non sono proprio a conoscenza di questa opportunità. Pertanto, molti italiani decidono di andare all’estero per diventare genitori e optano per la Spagna, il primo paese a livello europeo in questo campo. La Spagna è estremamente all’avanguardia in questo campo (a livello mondiale è terza) e presenta numerose cliniche sparse sul suo territorio.
L’ovodonazione in Spagna è regolata da leggi molto attente sull’argomento e le tecnologie utilizzate sono di ultima generazione. Ciò che importa a una coppia, comprensibilmente, è che la procedura medica abbia successo, che si instauri una gravidanza e che nasca un bambino (o una bambina). Pertanto, ha bisogno di recarsi presso la migliore clinica della fertilità.
Sul territorio spagnolo esiste, nel territorio della Catalogna, la clinica Fertilab di Barcellona. Le sue procedure di ovodonazione hanno una percentuale di successo (con parto di bambino) di più dell’80%. Questo valore è quasi del 20% più alto rispetto alla media spagnola. In più, cosa che non accade in Italia, le loro procedure sono aperte anche a donne single e a coppie composte da due donne. Nel nostro paese, questa procedura viene permessa solamente alle coppie eterosessuali che siano sposate o conviventi.
Come funziona l’ovodonazione e come si esegue
Come già anticipato, alla base della fecondazione tramite ovodonazione, c’è il prelievo di ovociti da una donatrice, che vengono fecondati dallo spermatozoo dell’uomo della coppia e poi impiantati nell’utero della donna della coppia. Per impiantare ovociti in una donna sottoposta a un ciclo di fecondazione in vitro eterologa, gli ovociti devono quindi essere ottenuti dalla donatrice. La donatrice viene sottoposta a una metodica definita “stimolazione ovarica controllata”, che avviene attraverso la somministrazione di ormoni.
Questa stimolazione fa maturare più follicoli in modo da poter recuperare più ovociti (questo è il presupposto teorico ed è quello che avviene solitamente). La donatrice scelta viene poi monitorata nel tempo con ecografie e prelievi di sangue per verificare il dosaggio ormonale. I follicoli possono essere raccolti quando raggiungono circa 16-18 mm di diametro. Viene quindi eseguita una procedura medica chiamata prelievo ovocitario (o puntura follicolare).
Si tratta di un intervento chirurgico poco invasivo, che avviene in anestesia locale. Il prelievo, infatti, può essere effettuato con una puntura eseguita tramite la vagina della donatrice e guidato dal punto di vista ecografico. Il prelievo dura poco, circa una ventina di minuti, e si potrebbero evidenziare dei crampi/dolori all’addome (come capita in periodo mestruale) e dei piccoli sanguinamenti. Dopo tale procedura si consiglia di stare a riposo per almeno un giorno. Portati gli ovociti in laboratorio, sono pronti per essere selezionati, fecondati e successivamente impiantati.